Berakhòt (Benedizioni)
è il primo trattato del Talmud e fa parte del Séder Zera‘ìm (Ordine delle
Sementi) che ha come oggetto l’insieme dei precetti relativi all’agricoltura,
come le norme sulle decime dei prodotti agricoli, l’anno sabbatico, le
primizie, l’angolo del campo da destinare al povero e allo straniero. Leggendo
il trattato Berakhòt si comprende prima di tutto come il significato di
"benedizione" abbia nell’ebraismo numerosi significati, rituali,
religiosi e filosofici, che conducono il lettore a riflettere sul rapporto tra
l’uomo, Dio e il creato. Questo trattato che apre il Talmud, considerato tra i
più profondi e interessanti, affronta anche molti altri argomenti oltre alle
norme agricole e le regole relative alle benedizioni. La prima parte del
trattato è dedicata alle regole concernenti la più importante preghiera
ebraica, lo Shemà. La prima frase di questa preghiera rappresenta l’essenza
della fede ebraica: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è
uno”. Essa afferma l’unicità e l’unità di Dio, ed è alla base del concetto di
monoteismo. Dopo la preghiera dello Shemà si affrontano le norme relative a
un’altra preghiera centrale nella liturgia ebraica: la Amidà. In particolare si
trattano le regole che traggono origine dalla preghiera di Channà, la donna
sterile che si recò al Santuario per pregare il Signore di concederle un
figlio. La preghiera fu efficace e da lì a un anno nacque un bambino, Samuele,
il profeta alla cui vita e opere sono dedicati i due libri biblici omonimi.
All’inizio del primo libro è riportata la preghiera di Channà la cui storia
viene raccontata nel trattato. In seguito si affrontano le norme relative a
tutte le altre benedizioni, da quelle sul cibo a quelle della vita quotidiana e
quelle particolari come quando si assiste a un miracolo, a un particolare
fenomeno atmosferico o a uno spettacolo della natura o quando ci si salva da un
pericolo o si riceve una buona o una cattiva notizia. Ma il trattato Berakhòt è
famoso anche per le sue numerose parti di racconto, di Aggadà. Si tratta di
passaggi che aprono lo spazio a considerazioni filosofiche, alla conoscenza
storica, archeologica e scientifica, con brani di grande interesse anche
economico e sociologico, sempre senza censure nei confronti di qualsiasi
argomento. E infine troviamo un’affascinante disamina dei sogni, della
possibilità di interpretarli e del valore che può essere loro attribuito.
Leggendo i nove capitoli di Berakhòt si entra, nella migliore tradizione
talmudica, in una sorta di “universo” nel quale nessun argomento è escluso
dalla discussione dei Maestri.
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piscopo.grazia@libero.it
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